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Elogio alla fotografia

“….E i miei amori uscivano dai cassetti
e dalle scatole di latta
qualcuno in macchina,
altri ancora solo in maglietta…
e correvano via, giù per quelle scale via
ognuna sola e a bordo
della sua fotografia….”

Può sembrare strano iniziare un discorso sulla fotografia partendo dai versi di una canzone, ma si tratta delle parole di Ivano Fossati, autore da sempre impegnato sul tema della memoria. E la memoria è proprio la parola chiave da cui mi piace partire.
“Traslocando”, la canzone da cui è estrapolata la suddetta strofa, parla in modo originale di come un trasloco possa pure essere un momento malinconico in cui pensare al passato, appunto scorrendo le foto dei vecchi amori che scivolano dai cassetti. Quanti di noi fotografano per fissare un momento della nostra vita? Credo tutti! E poi che destino strano hanno le “foto-ricordo”, quelle immagini che a volte finiscono chissà dove e si perdono nel dimenticatoio delle nostre |@|coscienze, altre volte affiorano invece nei momenti impensati, come ad esempio quelli di un trasloco, che sono poi dei “non-momenti”, ovvero degli spazi di tempo non pensati appositamente per ritrovare una foto e per ricordare. A volte ci si ritrova coi vecchi amici per ricordare il passato e si scava nei cassetti alla ricerca delle immagini che ci ricordano i bei tempi andati, altre volte i ricordi e le immagini spuntano fuori senza averli per questo cercati…

Qualche anno fa ero a Perugia a seguire i pacifisti in marcia verso Assisi….Amo la cosiddetta “fotografia sociale”, quella che ritrae le persone nei momenti di vita quotidiana, e per questo mi trovavo a seguire migliaia di persone, forse erano proprio centomila in quel giorno di ottobre del 1993. Incontrai un gruppo di giovani nel centro storico di Perugia, proprio lì dove la marcia iniziava: distribuivano bandiere ed altri gadget, non mi sembrarono interessanti e passai avanti senza fotografarli. Qualche chilometro dopo, si era già in una delle tante frazioni di quella città, mi capitò stranamente di rincontrare lo stesso gruppo, erano cinque o sei giovani provenienti dalla Lombardia, li salutai ma proseguii per la mia strada. Più tardi ancora, si era agli ultimi chilometri di quella lunga e calda giornata, vidi un gruppetto di ragazzi seduti su un muretto a riposare, erano ancora loro: mi dissi “basta” ora ve la faccio una foto! E così fu che li immortalai con uno scatto e, cosa un po’ strana per me, andai via senza chiedergli se potevo mandargliene una copia….Scattai e scappai….dopo dieci minuti cominciai ad interrogarmi sul perché me ne fossi andato via, pensai che dovevo cercarli, almeno per chiedere il loro indirizzo…Naturalmente non li vidi più…. Due settimane dopo ero a Modena, dove esponevo una mia mostra sulle favelas brasiliane e sulle tragiche condizioni dei bambini di strada che vivono laggiù. E a Modena sviluppavo e stampavo proprio quelle foto scattate a Perugia. E un giorno, mentre ancora dormivo nella casa dell’amica che mi ospitava, lei riceveva la visita di una sua amica milanese, che le parlava anche del figlio di una sua parente….Dopo un po’, la donna sfogliava le mie foto sul tavolo ed esclamava “Ma questo è Marco!”. Era proprio un ragazzo del mitico gruppo che avevo fotografato durante la marcia. Inutile dire che scrissi una dedica e consegnai la foto alla donna.

Ogni fotografo potrebbe raccontare decine di aneddoti, ed io credo che, più che discettare di tecnica, un discorso introduttivo alla fotografia non possa assolutamente prescindere dal “cuore”.
L’immagine può essere perfetta tecnicamente e tuttavia non essere in grado di “emozionare” chi la guarda. Perché molta strada ha percorso la fotografia da quando nel 1830 Daguerre e Niepce misero a punto il primo apparecchio in grado di produrre immagini permanenti. Oggi la tecnologia consente di lavorare con apparecchi perfetti e di trattare le immagini al computer…tutto ciò potrebbe svilire

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